A rischio l'accademia, anticamera del Conservatorio
di patrizia Pintus
Cesano maderno Dicembre 2010 - Le poltroncine azzurre della sala di rappresentanza del palazzo Borromeo sono tutte occupate: nelle prime file l'ètà media e lo stile sono quelli della signora in giallo, ma via via che si va verso il fondo, le eleganti camicie e le acconciature curate lasciano il posto ai jeans ed alle magliette colorate dei ragazzi. C'anche Matilde , 7 anni, violino che prende già lezioni d'orchestra. Michele Spotti fa il suo ingresso fra gli applausi e il concerto per violino e pianoforte op 61 di Beethoven ha inizio. Il sole entra dalle vetrate del giardino all0italiana del conte Bartolomeo Arese, tra i viottoli si rincorrono i bambini, le famiglie cercano un po di fresco tra i carpini e le fontane. Michele ha 16 anni ed ha cominciato a studiare da piccolissimo alla Civica accademia musicale sperimentale di Cesano maderno diretta da Aida Fino, seguito dai maestri Luigi Azzolini e Claudio Pavolini. Oggi studia al Conservatorio di Milano cn il maestro Daniele Gay, si stà preparando al diploma e fa parte del Quartetto del maestro Tarenzi e del gruppo di musica da camera di Emanuela Piemonti. E' Lui uno dei protagonisti dei cantieri musicali. La rassegna organizzata dalla sua accademia sotto l'affresco settecentesco Aurora e il carro di Apollo.
Oggi la civica Accademia di via Ceraticonsiderata da molti l'anticamera del conservatorio per la qualità dei suoi corsi, voluta caparbiamente dalla giunta ponti di centro - sinistra come un fiore all'occhiello dopo una decennale esperienza a seveso e gestita direttamente dal comune, è ridotta ai minimi termini e rischia di diventare una scuola per pochi eletti. Le aule sistemate e insonorizzate son o semi deserte. Da quelle delle lezioni propedeutiche per i bambini di quattro anni a quelle degli studenti più grandi che possono scegliere tra flauto, clarinetto, sassofono, chitarra, pianoforte, pianoforte jazz, violino, viola, e lettura della musica. Allievi semplicemente appassionati o anche vicini alla professione che si preparano ad audizioni pubbliche, a concerti, a concorsi nazionali ed internazionali. O che arrivano da tutti italia richiamati dalle Masterclass. Nell'arco di un'anno le rette sono raddoppiateda 70 a 13 euro al mese e le iscrizioni sono crollate da 130 a 60. Per i nuovi inquilini di centro destra a palazzo arese è solo una questione di bilancio, d soldi, insomma: con i tagi voluti dal patto di stabilità le spese di gestione della scuola sono diventate insostenibili. Ciò che ha messo in dubbio l'esistenza stessa di questa istituzione. Tanto che le lezioni sono partite con fatica a Novembre invece che ad ottobre: nell'incertezza la metà degli alunni se ne è andata, chi in altri comuni, chi a causa delle tariffe diventate troppo salate, un totale di 1180 euro per sette mesi di lezione di musica. Sono rimasti invece gli insegnanti, una dozzina, nonostante la decurtazione dello stipendio del 10% stabilita dalla giunta. Tutti i maestri di alto profilo, con trenta anni di esperienza, in gran parte docenti di conservatorio o elementi della scala: dalla prima viola Terracura Hiroshi al primo ottavino Peppino Rocca, fino ad Armando Burattin, ottanta anni, che ha conosciuto Heinstein, Bresnev, ed ha suonato con Toscanini. Ed è rimasto anche il direttore artistico Aida Fino, l'anima della scuola. E con Lei un gruppo di mamme compatte e determinate a far tornare a vivere questo piccolo conservatori nel cuore della Brianza e non farlo diventare una scuola d'Elite.
Così armate delle migliori intenzioni si sono mobilitate in Consiglio comunale e costituite in associazione senza fini di lucro per potere gestire da sole l'istituzione. L'obiettivo era sgravare il comuni di alcuni costi e attivare forme di finanziamento alternativo in modo di non far pesare troppo sulle famiglie il mantenimento della scuola - spiega la portavoce - Lorenza Zorloni. Ci saremmo attivati per reperire fondi da soponsor e fondazioni e abbassare così le tariffe. Ma la proposta non è passata e le redini sono rimaste municipali. Allora abbiamo cercato di far conoscere meglio le attività dell'accademia, suonando anche nelle scuole e volantinando in piazza per raccogliere il maggior numero di iscrizioni. Ma la gestione resta una voce in rosso per il comune e il problema della sopravvivenza dell'accademia si ripropone: l'anno scorso 140.000 euro, quest'anno la previsione di 110.000 . Il comune è in grado di sostenere una spesa ,assima di 39.000 euro tra strutture , utenze e personale, il resto bisogna spalmarlo sulle rette. Di un mese fa le mozioni di maggioranza e opposizione per consentire alla scuola di sopravvivere con una rettifica di bilancio. In settimana l'annuncio che ilBilancio non è passato e che arriverà il commissario. Le mamme ci sperano: il 29 ci sarà la consegna delle borse di studio e l'openday. Il 30 il conserto di fine anno in sala aurora Non è solo questione di soldi. La cultura fa parte del bagaglio di una società, noi ci crediamo, sottolinea Lorena Zorloni.
mercoledì 31 agosto 2011
lunedì 29 agosto 2011
Conservatorio, così muore la musica
Nel chiostro del Conservatorio di Milano Sonia Bo, il nuovo e primo direttore donna nella storia dell’Istituto, ci spiega che il periodo è negativo in tutta Europa. In questa situazione generale, la sua scuola ha anche dovuto cambiar pelle. Con la riforma, infatti, i conservatori si sono trasformati in Università a tutti gli effetti. Chi prepara ora gli studenti prima dell’ingresso al conservatorio-università?
«Ci è stato concesso, in questa fase di passaggio, d’istituire dei corsi pre-accademici - racconta Emanuele Beschi, Rappresentante del Ministro nel Comitato Nazionale per l'Apprendimento della Musica -. È chiaro che non ci si può presentare alle selezioni per un’università della musica senza una solida preparazione alle spalle. Ma ad oggi, partito il primo ciclo, i licei musicali e coreutici sono troppo pochi per soddisfare la domanda: le richieste sono state circa 30mila e ne sono stati aperti solo 40. È previsto, poi, l’insegnamento solo di alcuni strumenti come pianoforte, chitarra e raramente violino e violoncello. Inoltre, con la riforma non si prende in considerazione la fascia d’età precedente le scuole media con indirizzo musicale o i licei. C’è poi un discorso qualitativo: non si è riusciti a fare un buon reclutamento dei docenti per i licei. Bisogna istituire dei concorsi per gli insegnanti, ma per ora non è così». A Beschi fa eco il direttore Sonia Bo: «In Italia, rispetto all’Europa, la musica è sempre stata una cenerentola. Il nuovo problema, però, è che purtroppo la riforma è stata fatta a costo zero: abbiamo dovuto arricchire l’offerta formativa, ma ci servirebbero più fondi per non penalizzare la qualità dell’insegnamento. È difficile essere ottimisti: tra i conservatori europei l’Italia è quella più penalizzata dai tagli. A questo punto la ricetta per sopravvivere è cercare sempre più sponsorizzazioni da parte dei privati, facendo crescere la produzione interna al conservatorio». Per capire la situazione nel mondo del lavoro basta andare sul sito internet Musicalchairs.info. dove si trovano tutti i bandi di concorso per musicisti: ogni offerta compare dopo aver cliccato sul relativo strumento. Bene, in Germania si possono leggere almeno dieci bandi per strumento; in Italia, nessuno. «La musica da noi non è un lavoro»: così si confida C., un musicista italiano. Che non se la passa tanto male: lavora per una delle orchestre più prestigiose del Paese. Ha quasi quarant’anni, C., ed è entrato in conservatorio negli anni ’80. «Il problema è quello che succede dopo il conservatorio, quando inizi a tentare i concorsi. Complice la crisi, ci sono solo audizioni, mai assunzioni. L’orchestra della Scala, della Rai e del Santa Cecilia di Roma erano praticamente le uniche a proporre concorsi a tempo indeterminato. Ma per i prossimi sette o otto anni, per quanto riguarda il mio strumento, non ci sarà più nulla. Manca un vero e proprio ricambio. Chi si diploma ora deve necessariamente andare all’estero per avere una professione fissa e stabile. Attenzione, però: il lavoro fuori c’è, ma bisogna essere davvero molto bravi». L’Italia dà l’uno per cento del suo Pil alla cultura, la Finlandia l’undici. «È un mestiere in via d’estinzione: stiamo rischiando di diventare il terzo mondo della musica».
di Giulia Dedionigi
«Ci è stato concesso, in questa fase di passaggio, d’istituire dei corsi pre-accademici - racconta Emanuele Beschi, Rappresentante del Ministro nel Comitato Nazionale per l'Apprendimento della Musica -. È chiaro che non ci si può presentare alle selezioni per un’università della musica senza una solida preparazione alle spalle. Ma ad oggi, partito il primo ciclo, i licei musicali e coreutici sono troppo pochi per soddisfare la domanda: le richieste sono state circa 30mila e ne sono stati aperti solo 40. È previsto, poi, l’insegnamento solo di alcuni strumenti come pianoforte, chitarra e raramente violino e violoncello. Inoltre, con la riforma non si prende in considerazione la fascia d’età precedente le scuole media con indirizzo musicale o i licei. C’è poi un discorso qualitativo: non si è riusciti a fare un buon reclutamento dei docenti per i licei. Bisogna istituire dei concorsi per gli insegnanti, ma per ora non è così». A Beschi fa eco il direttore Sonia Bo: «In Italia, rispetto all’Europa, la musica è sempre stata una cenerentola. Il nuovo problema, però, è che purtroppo la riforma è stata fatta a costo zero: abbiamo dovuto arricchire l’offerta formativa, ma ci servirebbero più fondi per non penalizzare la qualità dell’insegnamento. È difficile essere ottimisti: tra i conservatori europei l’Italia è quella più penalizzata dai tagli. A questo punto la ricetta per sopravvivere è cercare sempre più sponsorizzazioni da parte dei privati, facendo crescere la produzione interna al conservatorio». Per capire la situazione nel mondo del lavoro basta andare sul sito internet Musicalchairs.info. dove si trovano tutti i bandi di concorso per musicisti: ogni offerta compare dopo aver cliccato sul relativo strumento. Bene, in Germania si possono leggere almeno dieci bandi per strumento; in Italia, nessuno. «La musica da noi non è un lavoro»: così si confida C., un musicista italiano. Che non se la passa tanto male: lavora per una delle orchestre più prestigiose del Paese. Ha quasi quarant’anni, C., ed è entrato in conservatorio negli anni ’80. «Il problema è quello che succede dopo il conservatorio, quando inizi a tentare i concorsi. Complice la crisi, ci sono solo audizioni, mai assunzioni. L’orchestra della Scala, della Rai e del Santa Cecilia di Roma erano praticamente le uniche a proporre concorsi a tempo indeterminato. Ma per i prossimi sette o otto anni, per quanto riguarda il mio strumento, non ci sarà più nulla. Manca un vero e proprio ricambio. Chi si diploma ora deve necessariamente andare all’estero per avere una professione fissa e stabile. Attenzione, però: il lavoro fuori c’è, ma bisogna essere davvero molto bravi». L’Italia dà l’uno per cento del suo Pil alla cultura, la Finlandia l’undici. «È un mestiere in via d’estinzione: stiamo rischiando di diventare il terzo mondo della musica».
di Giulia Dedionigi
domenica 28 agosto 2011
Come cambiano i Conservatori con la riforma Gelmini
Conservatori, molto rumore per una riforma
intervista a Sonia Bo primo direttore donna nella storia del Conservatorio di Milano
Un bambino, di fronte a noi, cammina trascinandosi sulle spalle un violoncello. Pochi passi più avanti, sulla sua destra, passa accanto al busto in bronzo di Giacomo Puccini. Siamo nell’antico chiostro del Conservatorio. È un freddo giovedì di dicembre. A Milano si è svolta da qualche giorno la prima scaligera. Un’apertura che si ricorderà per il red carpet colmo di studenti provenienti da tutta Italia in protesta per i tagli che, ad ogni latitudine, hanno colpito la cultura. Ci accoglie Sonia Bo, il nuovo e primo direttore donna nella storia dell’Istituto. «E’ un momento negativo in tutta Europa - ci spiega - e anche il Conservatorio deve prendere le contromisure».
«Il nostro ordinamento prevedeva studi divisi per sezione su corsi decennali – racconta Emanuele Beschi, rappresentante del Ministro nel Comitato nazionale per l'apprendimento della musica - con esami importanti al quinto, ottavo e decimo anno. Con la riforma i Conservatori si trasformano in Università a tutti gli effetti con un triennio e un biennio che permettono di ricevere un diploma accademico con valore di laurea. Sono stati approvati definitivamente i trienni ordinari, ma i bienni esistono solo in forma sperimentale. È una fase di transizione in cui c’è ancora il vecchio ordinamento ma, contemporaneamente, è già in funzione il nuovo. Tempi e scelte dettati dalla politica».
Ma se la legittimità del cambiamento del piano di studi è dettata da una normalizzazione a livello europeo, chi prepara gli studenti prima dell’ingresso al Conservatorio e all’Università? «Abbiamo insistito con il Ministro – Beschi che è anche insegnante di viola - affinché tutto il percorso storico e tradizionale dei Conservatori non fosse accantonato. Così, in questa fase di passaggio, ci è stato concesso d’istituire dei corsi pre-accademici. È chiaro che non ci si può presentare alle selezioni dell’università della musica senza una solida preparazione alle spalle».
Qual è allora la funzione dei licei coreutici musicali? «Questo è un nodo cruciale nella Riforma Gelmini. I conservatori non diventeranno mai un liceo perché sono stati equiparati all’alta formazione universitaria. Ma ad oggi, partito il primo ciclo, i licei sono troppo pochi per soddisfare la domanda: le richieste sono state circa 30mila e sono stati aperti solo 40 di licei musicali. Non c’è la possibilità di soddisfare l’obiettivo primario, cioè l’ingresso al conservatorio. Inoltre, è previsto l’insegnamento solo di alcuni strumenti: pianoforte, chitarra, violino e violoncello. La riforma non prende in considerazione la fascia d’età precedente all’ingresso universitario. Un bambino deve iniziare a studiare pianoforte a otto anni, non a 12, durante la scuola media a indirizzo musicale o, peggio ancora, oltre i 15 anni, al suo ingresso al liceo. Infine, c’è il problema della qualità dell’insegnamento: nei licei non si è riusciti reclutare buoni docenti. Bisognerebbe istituire dei concorsi per gli insegnanti».
In quest’ottica il conservatorio rimane una valida alternativa al liceo coreutico musicale.
«Il conservatorio, secondo la riforma, è l’università della musica: non dovrebbe supplire all’assenza di strutture adeguate. Ma la nostra principale preoccupazione risiede nella mancanza di unitarietà e continuità nel percorso formativo che, così disegnato, sarà frammentato e qualitativamente inferiore. Manca la garanzia di una scuola di base. Si è verificato anche il problema della doppia frequenza: essendo a tutti gli effetti un’università, un nostro studente non può più essere iscritto, come è successo fino ad oggi, anche ad altri corsi post-diploma contemporaneamente al conservatorio. Oggi il Ministro sembra essere disposto a risolvere il problema per fare in modo che compositori o direttori d’orchestra possano ottenere parallelamente anche più di un diploma».
Il Conservatorio Giuseppe Verdi, che ha da poco compiuto duecento anni, è diventato parte integrante del sistema universitario, fa capo al Ministero dell’Università e della ricerca e ha creato da quest’anno anche una laurea in musicologia insieme all’Università degli Studi di Milano. Il direttore, Sonia Bo: «Ho concluso i miei studi di composizione nell’85, poi ho insegnato qui e ora, da novembre, sono stata eletta direttore». La Bo non nasconde le sue preoccupazioni: «In Italia, rispetto all’Europa, la musica è sempre stata cenerentola. Nella formazione scolastica l’educazione musicale non ha mai trovato uno spazio adeguato. Così, non si è mai formato un pubblico adeguato, capace di appassionarsi alle realtà musicali. Come direttore, vorrei rilanciare il Conservatorio per potenziare il suo contatto con le realtà internazionali. I nostri punti di forza sono la sperimentazione e la produzione, attraverso partnership, borse di studio, concerti, festival».
Con mille e settecento studenti, oltre 250 diplomi l’anno, 244 docenti e più di 67 percorsi di studio, è facile immaginare che un cartellone ricco di concerti e appuntamenti musicali è possibile. Un cartellone nel quale gli studenti sono coinvolti direttamente, dall’organizzazione all’esecuzione. Il sostegno al Conservatorio, però, viene anche da veri e propri “mecenati della musica”: privati, fondazioni ed enti di produzione musicale. Così l’istituto può vantare ogni anno l’assegnazione di premi e borse di studio.
«La riforma è stata portata avanti fatta a costo zero: abbiamo dovuto arricchire l’offerta formativa, ma ci servirebbero più fondi per non penalizzare la qualità dell’insegnamento. Ce la stiamo mettendo tutta, con un grande dispendio di energie da parte di tutti i docenti, che lavorano ben oltre le ore per cui sono stati chiamati ad insegnare. È difficile essere ottimisti: tra i conservatori europei, gli italiani sono quelli più penalizzati dai tagli».
tratto da Magzine. intervista di Giulia Dedionigi
intervista a Sonia Bo primo direttore donna nella storia del Conservatorio di Milano
Un bambino, di fronte a noi, cammina trascinandosi sulle spalle un violoncello. Pochi passi più avanti, sulla sua destra, passa accanto al busto in bronzo di Giacomo Puccini. Siamo nell’antico chiostro del Conservatorio. È un freddo giovedì di dicembre. A Milano si è svolta da qualche giorno la prima scaligera. Un’apertura che si ricorderà per il red carpet colmo di studenti provenienti da tutta Italia in protesta per i tagli che, ad ogni latitudine, hanno colpito la cultura. Ci accoglie Sonia Bo, il nuovo e primo direttore donna nella storia dell’Istituto. «E’ un momento negativo in tutta Europa - ci spiega - e anche il Conservatorio deve prendere le contromisure».
«Il nostro ordinamento prevedeva studi divisi per sezione su corsi decennali – racconta Emanuele Beschi, rappresentante del Ministro nel Comitato nazionale per l'apprendimento della musica - con esami importanti al quinto, ottavo e decimo anno. Con la riforma i Conservatori si trasformano in Università a tutti gli effetti con un triennio e un biennio che permettono di ricevere un diploma accademico con valore di laurea. Sono stati approvati definitivamente i trienni ordinari, ma i bienni esistono solo in forma sperimentale. È una fase di transizione in cui c’è ancora il vecchio ordinamento ma, contemporaneamente, è già in funzione il nuovo. Tempi e scelte dettati dalla politica».
Ma se la legittimità del cambiamento del piano di studi è dettata da una normalizzazione a livello europeo, chi prepara gli studenti prima dell’ingresso al Conservatorio e all’Università? «Abbiamo insistito con il Ministro – Beschi che è anche insegnante di viola - affinché tutto il percorso storico e tradizionale dei Conservatori non fosse accantonato. Così, in questa fase di passaggio, ci è stato concesso d’istituire dei corsi pre-accademici. È chiaro che non ci si può presentare alle selezioni dell’università della musica senza una solida preparazione alle spalle».
Qual è allora la funzione dei licei coreutici musicali? «Questo è un nodo cruciale nella Riforma Gelmini. I conservatori non diventeranno mai un liceo perché sono stati equiparati all’alta formazione universitaria. Ma ad oggi, partito il primo ciclo, i licei sono troppo pochi per soddisfare la domanda: le richieste sono state circa 30mila e sono stati aperti solo 40 di licei musicali. Non c’è la possibilità di soddisfare l’obiettivo primario, cioè l’ingresso al conservatorio. Inoltre, è previsto l’insegnamento solo di alcuni strumenti: pianoforte, chitarra, violino e violoncello. La riforma non prende in considerazione la fascia d’età precedente all’ingresso universitario. Un bambino deve iniziare a studiare pianoforte a otto anni, non a 12, durante la scuola media a indirizzo musicale o, peggio ancora, oltre i 15 anni, al suo ingresso al liceo. Infine, c’è il problema della qualità dell’insegnamento: nei licei non si è riusciti reclutare buoni docenti. Bisognerebbe istituire dei concorsi per gli insegnanti».
In quest’ottica il conservatorio rimane una valida alternativa al liceo coreutico musicale.
«Il conservatorio, secondo la riforma, è l’università della musica: non dovrebbe supplire all’assenza di strutture adeguate. Ma la nostra principale preoccupazione risiede nella mancanza di unitarietà e continuità nel percorso formativo che, così disegnato, sarà frammentato e qualitativamente inferiore. Manca la garanzia di una scuola di base. Si è verificato anche il problema della doppia frequenza: essendo a tutti gli effetti un’università, un nostro studente non può più essere iscritto, come è successo fino ad oggi, anche ad altri corsi post-diploma contemporaneamente al conservatorio. Oggi il Ministro sembra essere disposto a risolvere il problema per fare in modo che compositori o direttori d’orchestra possano ottenere parallelamente anche più di un diploma».
Il Conservatorio Giuseppe Verdi, che ha da poco compiuto duecento anni, è diventato parte integrante del sistema universitario, fa capo al Ministero dell’Università e della ricerca e ha creato da quest’anno anche una laurea in musicologia insieme all’Università degli Studi di Milano. Il direttore, Sonia Bo: «Ho concluso i miei studi di composizione nell’85, poi ho insegnato qui e ora, da novembre, sono stata eletta direttore». La Bo non nasconde le sue preoccupazioni: «In Italia, rispetto all’Europa, la musica è sempre stata cenerentola. Nella formazione scolastica l’educazione musicale non ha mai trovato uno spazio adeguato. Così, non si è mai formato un pubblico adeguato, capace di appassionarsi alle realtà musicali. Come direttore, vorrei rilanciare il Conservatorio per potenziare il suo contatto con le realtà internazionali. I nostri punti di forza sono la sperimentazione e la produzione, attraverso partnership, borse di studio, concerti, festival».
Con mille e settecento studenti, oltre 250 diplomi l’anno, 244 docenti e più di 67 percorsi di studio, è facile immaginare che un cartellone ricco di concerti e appuntamenti musicali è possibile. Un cartellone nel quale gli studenti sono coinvolti direttamente, dall’organizzazione all’esecuzione. Il sostegno al Conservatorio, però, viene anche da veri e propri “mecenati della musica”: privati, fondazioni ed enti di produzione musicale. Così l’istituto può vantare ogni anno l’assegnazione di premi e borse di studio.
«La riforma è stata portata avanti fatta a costo zero: abbiamo dovuto arricchire l’offerta formativa, ma ci servirebbero più fondi per non penalizzare la qualità dell’insegnamento. Ce la stiamo mettendo tutta, con un grande dispendio di energie da parte di tutti i docenti, che lavorano ben oltre le ore per cui sono stati chiamati ad insegnare. È difficile essere ottimisti: tra i conservatori europei, gli italiani sono quelli più penalizzati dai tagli».
tratto da Magzine. intervista di Giulia Dedionigi
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