venerdì 11 novembre 2011

Ludovica Mascaretti


Pubblichiamo un saggio di Ludovica Mascaretti che ha frequentato la masterclass diretta dal maestro Paolo Bordoni e organizzata dalla accademia  musicale di Cesano maderno CAMS




lunedì 17 ottobre 2011

Nuovo anno accademico 2011-2012 per la Civica Accademia Musicale di Cesano Maderno

I ragazzi del coro della CAMS
 Il prossimo mese di ottobre avrà inizio l'anno accademico della Civica Accademia Musicale di Cesano Maderno di Via Cozzi, 7.
dopo un anno difficoltoso durante il quale i genitori e gli allievi sono riusciti a scongiurare la chiusura della Suola, la Cams riapre i battenti più forte e consolidata, col consenso del Commissario Prefettizio in carica, e con un numero di iscritti superiore all'anno accademico 2010-2011.
Immati il Direttore Artistico, Aida Fino, che con grande esperienza continuerà a dirigere la Scuola, ed il corpo docenti, composto da musicisti di grande prestigio che anche quest'anno prepareranno i loro allievi per gli esami di Conservatorio.
Per l'anno accademico che si è appena concluso menzione di merito va agli allievi Beatrice Colciago, Janira Repucci, Giulia Zanardo e Dario Galimberti che hanno superato brillantemente l'esame di teoria e solfeggio, mentre Moreno Zanardo ha affrontato con successo l'esame di storia della musica.
Tra le novità, l'avvio di un Corso di Enseble di voci miste, preparato e diretto dal Maestro Stefano Lazzoni, compositore e docente di Conservatorio, rivolto a persone di ogni età. Le iscrizione sono ancora aperte (tel. 0362/641443); nel pomeriggio del 12 ottobre il Direttore Artistico accoglierà chiunque sia interessato ai Corsi di qualità offerti dalla Scula, a partire dal propedeutico contnuando con i Corsi di teoria e solfeggio, aromonia e stria della musica oltre a quelli individuali di strumento (tra i quali pianoforte, viliono, violoncello, flauto, clarinetto) e a quelli di musica d'insieme e d'orchestra.
Secondo lo psicologo Glenn Schnellenberg dell'Università di Toronto:"lo studio della musica potenzia le capacità intellettive aiutando a ottenere risultati migliori in qualsiasi campo perchè suonare rinforza il cervello appotando cambiamenti duraturi".
E gli allievi della Cams, che dedicano quotidianamente del tempo allo studio della musica oltre che alla prepparazione delle materie scolastiche ne sono la dimostrazione pratica, poichè riescono ad ottenere anche alle scuole secondari e all'università voti brillante e importanti borse di studio.

mercoledì 28 settembre 2011

Berlino ha nove orchestre sinfoniche

Riportiamo qui un'intervista al maestro Franco Battiato che esterna tutta la sua disapprovazione per la classe politica attuale, colpevole di uccidere letteralmente la cultura.

giovedì 8 settembre 2011

A giardini naxos il musical West side story



Al Teatro Nuovo nell’area archeologica di Giardini Naxos, con inizio alle 21,30, il compositore e giornalista milanese Luigi Di Fronzo dirigerà l’orchestra del Sicilia Opera Festival (il mini festival creato dal direttore d’orchestra milanese, che il 9 e 10 settembre al Teatro Antico di Taormina ospiterà “Tosca” e “Traviata”) in West Side Story di Leonard Bernstein. Coordinatore dell’evento il maestro Alberto Veronesi. West Side Story è un musical, frutto della collaborazione tra Leonard Bernstein, il famoso compositore e direttore d’orchestra, Arthur Laurents (soggetto) e Stephen Sondheim (testi). Lo spettacolo debuttò al Winter Garden Theater di Broadway nel 1957 dove fu poi replicato ben 732 volte. Le musiche di Berstein sono molto popolari, basti ricordare Something is coming, Maria, America, Somewhere, Tonight, I feel pretty, Cool. West Side Story fu anche proposto in versione operistica nel 1984 con Kiri Te Kanawa nel ruolo di Maria, José Carreras in quello di Tony, Tatiana Troyanos come Anita, Kurt Ollman come Riff mentre Marilyn Horne cantò "Somewhere" in un personaggio secondario. Questa versione ha vinto un Grammy Award nel 1985. Per questa serata siciliana, West Side Story sarà invece proposto in forma di concerto, con 200 artisti sul palco tra orchestra e coro. L’orchestra del Sicilia Opera Festival – qui al suo debutto prima dell’impegno operistico del fine settimana - racchiude professori d’orchestra e artisti di formazioni e cori stabili siciliani. Ingresso libero.

sabato 3 settembre 2011

Lugano - Festival


Progetto Martha Argerich - 8-30 giugno 2011
ecco il link

La gran señora della musica

di Sergio Sablich
Quello di una pianista che non suona più da sola in recital da tempo immemorabile e che continua tuttavia a essere un mito è un caso alquanto singolare. Stiamo parlando di Martha Argerich, la gran señora della musica, una delle personalità più intriganti e ineffabili che sia dato incontrare. Impossibile intervistarla: "Un'intervista? E per dire che cosa? Amo suonare il pianoforte. Ma non mi piace essere una pianista. Davvero non voglio esserlo, anche se è la sola cosa che più o meno so fare", dice. Parrebbe un ragionamento complicato, e invece non lo è. Anche perché tutto quello che Martha (così la chiaman tutti) fa e dice ha la naturalezza della semplicità. Ma mai della banalità. La prima cosa che sembra stupirla è di essere al centro dell'attenzione, anche se è ben consapevole di avere un appeal fuori del comune, da sempre.
Un fascino incomparabile, di donna e artista al tempo stesso. Ma tutto quello che è stato costruito intorno al suo personaggio pare non riguardarla, e non interessarle affatto. Per esempio, la fama di essere una pianista che non sai mai se suonerà, una specie di detentrice dei record delle cancellazioni e delle rinunce all'ultimo minuto, come il suo grande maestro Arturo Benedetti Michelangeli. Bizzarria o che altro? Ma anche di questo Martha non sembra rendersi conto. "Non ho mai obbligato nessuno a invitarmi. Non ho mai disdetto un impegno per la semplice ragione che non firmo mai contratti. E quindi non mi sento costretta a suonare se non me la sento. È semplice, no?". In realtà non è così semplice. Il mito non sarebbe tale se non sottintendesse qualche mistero, di quelli che invitano a elucubrare. Martha è un personaggio complesso, una sorta di scatola cinese che a ogni apertura rivela una sorpresa: apparentemente forte, energica, tutta d'un pezzo, nasconde timidezze, insicurezze, nevrosi e contraddizioni che la rendono inesplicabile. Un misto di leggerezza e gravità insondabile, molto attraente, allo stato naturale, tutt'altro che artefatto.

Forse proprio per questo una delle carriere più folgoranti che si ricordino (vincitrice a sedici anni del concorso di Ginevra e del Busoni a Bolzano, a ventiquattro del leggendario Chopin di Varsavia) si è venuta sviluppando per successive sospensioni e arresti. Conseguenza, le une e gli altri, non soltanto di un'idea della musica che evidentemente non si esauriva nei trionfi del successo, ma anche di una concezione della vita che reclamava i suoi spazi e le sue libertà. L'equilibrio parve spezzarsi per richiedere più avanzate motivazioni. Argerich, un nome che da solo riempiva le sale di tutto il mondo, dominava il mercato discografico e il jet-set della pubblicità, scomparve a poco a poco senza essere mai del tutto dimenticato, per riapparire poi in una nuova veste, quasi con umiltà e discrezione: frutto non di un conto, ma di un'intima necessità. La decisione di rinunciare a esibirsi da solista (contraddizione in termini per un pianista) non fu mai annunciata, avvenne di fatto. Non più recital con gli autori che l'avevano resa famosa (Chopin, Schumann e Ravel su tutti), ma presenze limitate alla musica da camera, ai concerti con orchestra, e sempre ed esclusivamente con partner con cui si fosse instaurato, se non un connubio nella vita privata, almeno una stretta consonanza personale.
"Ho un grande bisogno di compagnia quando sono su un palcoscenico. Suonare da sola mi fa sentire isolata, esclusa, ed è una sensazione dura da sopportare. Forse dipende dal fatto che a Buenos Aires da bambina non sono mai andata a scuola, mi esercitavo da sola per ore e ore, senza giocare con i miei coetanei. E di questo ho sofferto molto nell'infanzia. Fare musica con altri mi risarcisce di queste mancanze, mi dà un feeling speciale".

Da queste esperienze è nata una specie di consorteria, di club esclusivo, del quale sono entrati a far parte nel corso del tempo artisti eccentrici e altrettanto estrosi come il violinista Gidon Kremer e il violoncellista Mischa Maisky, compagni di vita del pari un po' nevrotici come il pianista Stephen Kovacevich e il compositore Alexander Rabinovitch, presenze rassicuranti come il pianista Nelson Freire e il direttore d'orchestra Charles Dutoit, suo ex marito. Tutte parti dell'esistenza di Martha stessa, quasi elementi vitali indispensabili al suo continuare a fare musica. Che trova proprio in questi giorni una specie di consacrazione ufficiale nel Progetto Martha Argerich, sorto a Lugano nell'ambito di Lugano Festival: per una settimana, dal 23 al 30 giugno, la Argerich suonerà rutti i giorni spaziando attraverso un repertorio vastissimo (con alcune prime esecuzioni mondiali) in compagnia di artisti rinomati (i fratelli Capuçon, Dora Schwarzberg, Mikail Pletnev e Lilya Zilberstein, per citarne solo alcuni), presentando nel contempo una rassegna di giovani pianisti scelti da lei stessa. Un'iniziativa di eccezionale rilievo, di cui la Argerich è di nome e di fatto la protagonista assoluta. E c'è da credere che solo per sentirla suonare in tale concentrazione di eventi accorreranno in molti da ogni parte del mondo.
Si direbbe dunque che la Argerich rifugga l'isolamento e la solitudine che sovente attanagliano il grande concertista e non senta il richiamo smisurato dell'ego che altrettanto spesso ne nutre le ambizioni. Eppure si conoscono pochi artisti che abbiano la sua personalità, il suo temperamento, il suo carisma: un insieme di brillantezza, comunicativa, eleganza, senso poetico, umorismo, freschezza, magnetismo, genialità. E, trasferite nelle misure dell'arte, civetteria e femminilità in grado supremo, unite a una bellezza proverbiale, zingaresca e selvaggia, miracolosamente rimasta intatta con il passare degli anni (61 appena compiuti, e tranquillamente dichiarati). Questa donna vulcanica e mercuriale che sembra fatta per farsi adorare disse una volta: "La mia vita è un casino, credo di non essere nata per l'amore. Ogni volta che ti danno il caviale, ti tolgono il pane". Le sue relazioni burrascose si sono sempre intrecciate con le vicende della vita artistica (tre figlie femmine da due compagni-artisti diversi), ma sono rimaste come avvolte in un alone di felicità impalpabile e riservata. Eppure afferma di non aver mai sentito attrazione per uomini con i quali non avesse una consanguineità artistica: protrattasi e sviluppatasi anche una volta finita la passione, come se quella fosse la realtà più vera di un destino. E scorgi un filo di amarezza, di fatalismo nelle confessioni di un essere in fondo fragile e indifeso: così va la vita, ed è difficile. Ma è della vita, più che dell'arte, che ama parlare nei rari momenti nei quali, in modo del tutto informale, si sbottona. Ancora sull'ossessione della solitudine: "Meglio male accompagnati che soli". Sulla carriera: "Non amo né le critiche né gli elogi". Sulle aspettative del pubblico: "Volete che suoni come un porcellino o come un cavallo pazzo?". Sul denaro: "Ne ho avuto pochissimo, poco e molto. Non è cambiato nulla". Sulla vita in generale: "Deve essermi mancata qualche prova per giungere a capirla". Sulla vecchiaia: "Mi piacerebbe diventare una vecchia piuttosto ridicola". E intravedi in questo inquieto manifestarsi del talento appeso a un filo e minacciato dal disordine una strana voglia di normalità.

La ragazza partita dall'Argentina alla conquista del mondo e rimasta sempre un po' quella fanciulla senza briglie in crisi con se stessa e con la vita parla con entusiasmo, illuminandosi, degli incontri che l'hanno segnata artisticamente e umanamente. Anche se ormai appartengono al passato, e in molti casi sono legati a pensieri tristi, di persone scomparse. "Horowitz? La cosa migliore che sia mai arrivata al pianoforte". Ricorda Dino Ciani, morto prematuramente a trentatré anni, come "una persona di una sensibilità estrema, cristallina, che metteva quasi paura". Ma i suoi maestri, anzitutto, che cosa le hanno insegnato? "Qualcosa di più importante che a suonare materialmente il pianoforte. Friedrich Guida era un artista che guardava oltre, un genio della curiosità e della ricerca, l'ho ammirato per questa sua insaziabile voglia di sperimentare, di scoprire il senso nascosto della musica. Da Arturo Benedetti Michelangeli avrò avuto sì e no quattro ore di lezione. Ma stando a lungo con lui ho imparato la musica del silenzio". C'è poi la fedeltà verso amici oscuri conosciuti qua e là per il mondo, ma rimasti nel suo cuore generoso, e quella per grandi artisti con i quali ogni nuovo incontro è una gioia. Come Abbado. "Claudio, come sta Claudio? È terribile quello che gli è accaduto. Ma ha dentro di sé una tale energia che supererà anche la malattia. Lui è fortissimo". Suoneranno insieme il Concerto per pianoforte e orchestra di Ravel, un loro cavallo di battaglia fin dai tempi della gioventù, il 29 agosto a Bolzano, per Bolzano Estate: un altro appuntamento da non perdere assolutamente.
Martha, come Abbado, ama circondarsi di giovani. Il numero di pianisti che chiedono di studiare con lei è ovviamente altissimo, e lei non sa dire di no: li riceve e li ascolta, soprattutto li illumina con la sua presenza. Ma neppure attorno a questa corte di ammiratori estasiati che la chiama per nome e che pendono dalle sue labbra per carpire un segreto v'è traccia di affettazione: tutto avviene con spontaneità, e in mezzo a una buona dose di improvvisazione e di confusione. L'atmosfera è elettrizzante, ma non sapresti dire perché. Assoluta mancanza di metodo, di regole, di schemi, un pianoforte e via, succeda quel che deve succedere. Se la luce non si accende, è inutile continuare. Ma se la fiammella si agita, ecco che l'impulso si trasmette quasi violentemente e provoca una catena di reazioni inimmaginabili. La scintilla può scoccare da un nulla, e di lì allungarsi in una scia luminosa che accende il pezzo e trascina via con sé sulle ali della musica. A volte sembra che una carica di energia positiva si comunichi direttamente all'allievo, e l'allievo suoni come spinto da un fluido misterioso che proviene dal fatto che lei sia lì ad ascoltare. Momenti magici di un attimo fuggente: chissà se riusciranno poi a sedimentarsi in qualcosa di definitivo fuori da quelle condizioni.

Per Martha Argerich si sono usati gli epiteti più diversi: inafferrabile, indomabile, inaccessibile, impenetrabile, capricciosa, impossibile. Mai però una volta che qualcuno li abbia caricati di significati negativi: comunque si comporti, la signora resta sempre capita e amata, anche dal pubblico e dagli organizzatori. Il che è singolare in un mondo basato, come quello della musica, su interessi pressanti, attese fanatiche e calendari che non danno scampo. Se la Argerich annulla un concerto, è grave, ma per così dire giustificato: avrà avuto le sue buone ragioni, e sono ragioni che non si discutono, sono ragioni forti, incorruttibili. Non v'è ombra di calcolo quando succede, è nella natura imprevedibile delle cose. E non conta che in ballo ci siano cachet favolosi (è ben pagata, questo sì) e sale esaurite da mesi. Anche perché può accadere esattamente il contrario, ossia che accetti di programmare un concerto a poche settimane di distanza se ci sono le condizioni giuste e un amico, o un gruppo di amici, da aiutare o accontentare; in tal caso può suonare anche per compensi puramente simbolici, e nei luoghi più ignoti. Per il piacere di fare musica insieme, è chiaro, ma anche perché il concerto, quel concerto, rientra nella sfera più piena di un'intima convinzione: che possa essere un momento nel quale la vita acquista valore e dia una sensazione di felice complicità. Per quanto Martha Argerich sia lontanissima dal modello del pianista intellettuale, e sia semmai un caso sensazionale di emotività trascesa in consapevolezza intuitiva dello stile, c'è in tutti i suoi atti un ragionamento d'affetti che non è affidato alla casualità. E questo si percepisce anche quando suona, collegando fantasticamente il frammento alla totalità.
Cogliere il punto centrale di questo mistero significa capire il fenomeno Martha Argerich. La bellezza che si sprigiona dalla sua figura, la tecnica favolosa di cui è in possesso, la naturalezza del suo fare musica, ispirato e scapricciato, sono soltanto la superficie di un'anima che non mette in mostra queste doti per farsene bella, ma le indirizza verso un senso poetico di precarietà e di fragilità intimamente vissuto e trasfigurato. Se compito dell'arte è fare domande senza dare risposte definitive, Martha fornisce risposte ad altre domande, all'infinito, determinando però quel momento magico nel quale una risposta esiste ed è bellissimo sentirsela dire compiutamente. Forse questo paradosso è possibile soltanto in un'arte per sua definizione riproduttiva come la musica, nella quale l'interprete è il tramite tra ciò che è fissato sulla carta una volta per tutte e ciò che viene ricreato ogni volta in modo diverso. Ma di questo paradosso Martha Argerich è la dimostrazione vivente. Un'incarnazione nella metafora artistica dell'"eterno femminino" che trae verso l'alto, o più semplicemente la pianista predestinata che non volle farsi regina, per rimanere una donna normale, ma non qualsiasi.

mercoledì 31 agosto 2011

La musica nel cuore

A rischio l'accademia, anticamera del Conservatorio
di patrizia Pintus

Cesano maderno Dicembre 2010 - Le poltroncine azzurre della sala di rappresentanza del palazzo Borromeo sono tutte occupate: nelle prime file l'ètà media e lo stile sono quelli della signora in giallo, ma via via che si va verso il fondo, le eleganti camicie e le acconciature curate lasciano il posto ai jeans ed alle magliette colorate dei ragazzi. C'anche Matilde , 7 anni, violino che prende già lezioni d'orchestra. Michele Spotti fa il suo ingresso fra gli applausi e il concerto per violino e pianoforte op 61 di Beethoven ha inizio. Il sole entra dalle vetrate del giardino all0italiana del conte Bartolomeo Arese, tra i viottoli si rincorrono i bambini, le famiglie cercano un po di fresco tra i carpini e le fontane. Michele ha 16 anni ed ha cominciato a studiare da piccolissimo alla Civica accademia musicale sperimentale di Cesano maderno diretta da Aida Fino, seguito dai maestri Luigi Azzolini e Claudio Pavolini. Oggi studia al Conservatorio di Milano cn il maestro Daniele Gay, si stà preparando al diploma e fa parte del Quartetto del maestro Tarenzi e del gruppo di musica da camera di Emanuela Piemonti. E' Lui uno dei protagonisti dei cantieri musicali. La rassegna organizzata dalla sua accademia sotto l'affresco settecentesco Aurora e il carro di Apollo.
Oggi la civica Accademia di via Ceraticonsiderata da molti l'anticamera del conservatorio per la qualità dei suoi corsi, voluta caparbiamente dalla giunta ponti di centro - sinistra come un fiore all'occhiello dopo una decennale esperienza a seveso e gestita direttamente dal comune, è ridotta ai minimi termini e rischia di diventare una scuola per pochi eletti. Le aule sistemate e insonorizzate son o semi deserte. Da quelle delle lezioni propedeutiche per i bambini di quattro anni a quelle degli studenti più grandi che possono scegliere tra flauto, clarinetto, sassofono, chitarra, pianoforte, pianoforte jazz, violino, viola, e lettura della musica. Allievi semplicemente appassionati o anche vicini alla professione che si preparano ad audizioni pubbliche, a concerti, a concorsi nazionali ed internazionali. O che arrivano da tutti italia richiamati dalle Masterclass. Nell'arco di un'anno le rette sono raddoppiateda 70 a 13 euro al mese e le iscrizioni sono crollate da 130 a 60. Per i nuovi inquilini di centro destra a palazzo arese è solo una questione di bilancio, d soldi, insomma: con i tagi voluti dal patto di stabilità le spese di gestione della scuola sono diventate insostenibili. Ciò che ha messo in dubbio l'esistenza stessa di questa istituzione. Tanto che le lezioni sono partite con fatica a Novembre invece che ad ottobre: nell'incertezza la metà degli alunni se ne è andata, chi in altri comuni, chi a causa delle tariffe diventate troppo salate, un totale di 1180 euro per sette mesi di lezione di musica. Sono rimasti invece gli insegnanti, una dozzina, nonostante la decurtazione dello stipendio del 10% stabilita dalla giunta. Tutti i maestri di alto profilo, con trenta anni di esperienza, in gran parte docenti di conservatorio o elementi della scala: dalla prima viola Terracura Hiroshi al primo ottavino Peppino Rocca, fino ad Armando Burattin, ottanta anni, che ha conosciuto Heinstein, Bresnev, ed ha suonato con Toscanini. Ed è rimasto anche il direttore artistico Aida Fino, l'anima della scuola. E con Lei un gruppo di mamme compatte e determinate a far tornare a vivere questo piccolo conservatori nel cuore della Brianza e non farlo diventare una scuola d'Elite.
Così armate delle migliori intenzioni si sono mobilitate in Consiglio comunale e costituite in associazione senza fini di lucro per potere gestire da sole l'istituzione. L'obiettivo era sgravare il comuni di alcuni costi e attivare forme di finanziamento alternativo in modo di non far pesare troppo sulle famiglie il mantenimento della scuola - spiega la portavoce - Lorenza Zorloni. Ci saremmo attivati per reperire fondi da soponsor e fondazioni e abbassare così le tariffe. Ma la proposta non è passata e le redini sono rimaste municipali. Allora abbiamo cercato di far conoscere meglio le attività dell'accademia, suonando anche nelle scuole e volantinando in piazza per raccogliere il maggior numero di iscrizioni. Ma la gestione resta una voce in rosso per il comune e il problema della sopravvivenza dell'accademia si ripropone: l'anno scorso 140.000 euro, quest'anno la previsione di 110.000 . Il comune è in grado di sostenere una spesa ,assima di 39.000 euro tra strutture , utenze e personale, il resto bisogna spalmarlo sulle rette. Di un mese fa le mozioni di maggioranza e opposizione per consentire alla scuola di sopravvivere con una rettifica di bilancio. In settimana l'annuncio che ilBilancio non è passato e che arriverà il commissario. Le mamme ci sperano: il 29 ci sarà la consegna delle borse di studio e l'openday. Il 30 il conserto di fine anno in sala aurora Non è solo questione di soldi. La cultura fa parte del bagaglio di una società, noi ci crediamo, sottolinea Lorena Zorloni.

lunedì 29 agosto 2011

Conservatorio, così muore la musica

Nel chiostro del Conservatorio di Milano Sonia Bo, il nuovo e primo direttore donna nella storia dell’Istituto, ci spiega che il periodo è negativo in tutta Europa. In questa situazione generale, la sua scuola ha anche dovuto cambiar pelle. Con la riforma, infatti, i conservatori si sono trasformati in Università a tutti gli effetti. Chi prepara ora gli studenti prima dell’ingresso al conservatorio-università?
«Ci è stato concesso, in questa fase di passaggio, d’istituire dei corsi pre-accademici - racconta Emanuele Beschi, Rappresentante del Ministro nel Comitato Nazionale per l'Apprendimento della Musica -. È chiaro che non ci si può presentare alle selezioni per un’università della musica senza una solida preparazione alle spalle. Ma ad oggi, partito il primo ciclo, i licei musicali e coreutici sono troppo pochi per soddisfare la domanda: le richieste sono state circa 30mila e ne sono stati aperti solo 40. È previsto, poi, l’insegnamento solo di alcuni strumenti come pianoforte, chitarra e raramente violino e violoncello. Inoltre, con la riforma non si prende in considerazione la fascia d’età precedente le scuole media con indirizzo musicale o i licei. C’è poi un discorso qualitativo: non si è riusciti a fare un buon reclutamento dei docenti per i licei. Bisogna istituire dei concorsi per gli insegnanti, ma per ora non è così». A Beschi fa eco il direttore Sonia Bo: «In Italia, rispetto all’Europa, la musica è sempre stata una cenerentola. Il nuovo problema, però, è che purtroppo la riforma è stata fatta a costo zero: abbiamo dovuto arricchire l’offerta formativa, ma ci servirebbero più fondi per non penalizzare la qualità dell’insegnamento. È difficile essere ottimisti: tra i conservatori europei l’Italia è quella più penalizzata dai tagli. A questo punto la ricetta per sopravvivere è cercare sempre più sponsorizzazioni da parte dei privati, facendo crescere la produzione interna al conservatorio». Per capire la situazione nel mondo del lavoro basta andare sul sito internet Musicalchairs.info. dove si trovano tutti i bandi di concorso per musicisti: ogni offerta compare dopo aver cliccato sul relativo strumento. Bene, in Germania si possono leggere almeno dieci bandi per strumento; in Italia, nessuno. «La musica da noi non è un lavoro»: così si confida C., un musicista italiano. Che non se la passa tanto male: lavora per una delle orchestre più prestigiose del Paese. Ha quasi quarant’anni, C., ed è entrato in conservatorio negli anni ’80. «Il problema è quello che succede dopo il conservatorio, quando inizi a tentare i concorsi. Complice la crisi, ci sono solo audizioni, mai assunzioni. L’orchestra della Scala, della Rai e del Santa Cecilia di Roma erano praticamente le uniche a proporre concorsi a tempo indeterminato. Ma per i prossimi sette o otto anni, per quanto riguarda il mio strumento, non ci sarà più nulla. Manca un vero e proprio ricambio. Chi si diploma ora deve necessariamente andare all’estero per avere una professione fissa e stabile. Attenzione, però: il lavoro fuori c’è, ma bisogna essere davvero molto bravi». L’Italia dà l’uno per cento del suo Pil alla cultura, la Finlandia l’undici. «È un mestiere in via d’estinzione: stiamo rischiando di diventare il terzo mondo della musica».
di Giulia Dedionigi

domenica 28 agosto 2011

Come cambiano i Conservatori con la riforma Gelmini

Conservatori, molto rumore per una riforma




intervista a Sonia Bo primo direttore donna nella storia del Conservatorio di Milano



Un bambino, di fronte a noi, cammina trascinandosi sulle spalle un violoncello. Pochi passi più avanti, sulla sua destra, passa accanto al busto in bronzo di Giacomo Puccini. Siamo nell’antico chiostro del Conservatorio. È un freddo giovedì di dicembre. A Milano si è svolta da qualche giorno la prima scaligera. Un’apertura che si ricorderà per il red carpet colmo di studenti provenienti da tutta Italia in protesta per i tagli che, ad ogni latitudine, hanno colpito la cultura. Ci accoglie Sonia Bo, il nuovo e primo direttore donna nella storia dell’Istituto. «E’ un momento negativo in tutta Europa - ci spiega - e anche il Conservatorio deve prendere le contromisure».

«Il nostro ordinamento prevedeva studi divisi per sezione su corsi decennali – racconta Emanuele Beschi, rappresentante del Ministro nel Comitato nazionale per l'apprendimento della musica - con esami importanti al quinto, ottavo e decimo anno. Con la riforma i Conservatori si trasformano in Università a tutti gli effetti con un triennio e un biennio che permettono di ricevere un diploma accademico con valore di laurea. Sono stati approvati definitivamente i trienni ordinari, ma i bienni esistono solo in forma sperimentale. È una fase di transizione in cui c’è ancora il vecchio ordinamento ma, contemporaneamente, è già in funzione il nuovo. Tempi e scelte dettati dalla politica».

Ma se la legittimità del cambiamento del piano di studi è dettata da una normalizzazione a livello europeo, chi prepara gli studenti prima dell’ingresso al Conservatorio e all’Università? «Abbiamo insistito con il Ministro – Beschi che è anche insegnante di viola - affinché tutto il percorso storico e tradizionale dei Conservatori non fosse accantonato. Così, in questa fase di passaggio, ci è stato concesso d’istituire dei corsi pre-accademici. È chiaro che non ci si può presentare alle selezioni dell’università della musica senza una solida preparazione alle spalle».

Qual è allora la funzione dei licei coreutici musicali? «Questo è un nodo cruciale nella Riforma Gelmini. I conservatori non diventeranno mai un liceo perché sono stati equiparati all’alta formazione universitaria. Ma ad oggi, partito il primo ciclo, i licei sono troppo pochi per soddisfare la domanda: le richieste sono state circa 30mila e sono stati aperti solo 40 di licei musicali. Non c’è la possibilità di soddisfare l’obiettivo primario, cioè l’ingresso al conservatorio. Inoltre, è previsto l’insegnamento solo di alcuni strumenti: pianoforte, chitarra, violino e violoncello. La riforma non prende in considerazione la fascia d’età precedente all’ingresso universitario. Un bambino deve iniziare a studiare pianoforte a otto anni, non a 12, durante la scuola media a indirizzo musicale o, peggio ancora, oltre i 15 anni, al suo ingresso al liceo. Infine, c’è il problema della qualità dell’insegnamento: nei licei non si è riusciti reclutare buoni docenti. Bisognerebbe istituire dei concorsi per gli insegnanti».

In quest’ottica il conservatorio rimane una valida alternativa al liceo coreutico musicale.
«Il conservatorio, secondo la riforma, è l’università della musica: non dovrebbe supplire all’assenza di strutture adeguate. Ma la nostra principale preoccupazione risiede nella mancanza di unitarietà e continuità nel percorso formativo che, così disegnato, sarà frammentato e qualitativamente inferiore. Manca la garanzia di una scuola di base. Si è verificato anche il problema della doppia frequenza: essendo a tutti gli effetti un’università, un nostro studente non può più essere iscritto, come è successo fino ad oggi, anche ad altri corsi post-diploma contemporaneamente al conservatorio. Oggi il Ministro sembra essere disposto a risolvere il problema per fare in modo che compositori o direttori d’orchestra possano ottenere parallelamente anche più di un diploma».

Il Conservatorio Giuseppe Verdi, che ha da poco compiuto duecento anni, è diventato parte integrante del sistema universitario, fa capo al Ministero dell’Università e della ricerca e ha creato da quest’anno anche una laurea in musicologia insieme all’Università degli Studi di Milano. Il direttore, Sonia Bo: «Ho concluso i miei studi di composizione nell’85, poi ho insegnato qui e ora, da novembre, sono stata eletta direttore». La Bo non nasconde le sue preoccupazioni: «In Italia, rispetto all’Europa, la musica è sempre stata cenerentola. Nella formazione scolastica l’educazione musicale non ha mai trovato uno spazio adeguato. Così, non si è mai formato un pubblico adeguato, capace di appassionarsi alle realtà musicali. Come direttore, vorrei rilanciare il Conservatorio per potenziare il suo contatto con le realtà internazionali. I nostri punti di forza sono la sperimentazione e la produzione, attraverso partnership, borse di studio, concerti, festival».

Con mille e settecento studenti, oltre 250 diplomi l’anno, 244 docenti e più di 67 percorsi di studio, è facile immaginare che un cartellone ricco di concerti e appuntamenti musicali è possibile. Un cartellone nel quale gli studenti sono coinvolti direttamente, dall’organizzazione all’esecuzione. Il sostegno al Conservatorio, però, viene anche da veri e propri “mecenati della musica”: privati, fondazioni ed enti di produzione musicale. Così l’istituto può vantare ogni anno l’assegnazione di premi e borse di studio.
«La riforma è stata portata avanti fatta a costo zero: abbiamo dovuto arricchire l’offerta formativa, ma ci servirebbero più fondi per non penalizzare la qualità dell’insegnamento. Ce la stiamo mettendo tutta, con un grande dispendio di energie da parte di tutti i docenti, che lavorano ben oltre le ore per cui sono stati chiamati ad insegnare. È difficile essere ottimisti: tra i conservatori europei, gli italiani sono quelli più penalizzati dai tagli».

tratto da Magzine. intervista di Giulia Dedionigi

giovedì 16 giugno 2011

Giovanni Paisiello

Giovanni Paisiello o Paesieixo nacque a Taranto il 9 maggio 1740. A circa quindici anni venne iscritto al Conservatorio di Sant'Onofrio a Napoli, all'epoca unico importante centro di educazione musicale del sud dell'Italia dove rivelò ben presto non comuni doti musicali, scrisse alcuni intermezzi che lo fecero conoscere al pubblico..
Insofferente alla severa disciplina scolastica, nel 1763 abbandonò il Conservatorio, prima dello scadere del suo contratto di discepolo - insegnante con Francesco Durante, per recarsi a Bologna al seguito dell'impresario Carafa.A Bologna e Modena rappresentò con grande successo i suoi primi lavori teatrali, "La Pupilla" e "Il Mondo a Rovescio", "Il Marchese di Tidipano", la fama dei quali gli valse l'invito a rientrare a Napoli dove compose opere per i due principali teatri cittadini, il Teatro Nuovo e il San Carlo.
Rientrato a Napoli, nonostante la popolarità di Nicola Piccinni, Domenico Cimarosa e Pietro Guglielmi, dei cui trionfi si dice fosse amaramente geloso, produsse una serie di opere di successo, una delle quali, "L'Idolo Cinese", provocò grande scalpore presso il pubblico napoletano.
Dal 1776 al 1784 lavorò alla Corte di San Pietroburgo in Russia invitato da Caterína II, grande protettrice delle arti e amante dell'opera italiana.
Alla corte russa Paisiello scrisse lavori seri come "Nitteti", "Achille in Sciro" e "Demetrio", ma divenne famoso musicando libretti esilaranti e di grande effetto comico quali "Gli Astrologi Immaginari" su libretto del Bertati, "Il Mondo della Luna", "Il Barbiere di Siviglia" su libretto di Petroschini tratto da Beaumarchais, e "La Serva Padrona" nel 1781, su libretto di G. A. Federico già musicato nel 1733 da Pergolesi.
Paisiello tornò a Napoli nel 1785, transitando, riverito ospite, per Varsavia e fermandosi a Vienna il tempo per scrivere "Il Re Teodoro".
Dal 1802 al 1804 è alla Corte di Napoleone per il quale compone la "Messa solenne" e il "Te Deum" per l'incoronazione di Napoleone a Imperatore dei Francesi tenuto in massima considerazione dall'imperatore ma malvisto dal pubblico parigino, che accolse così freddamente la sua opera "Proserpina" che egli richiese il permesso di ritornare in Italia.
Rientrato a Napoli Paisiello vide la sua fama misconosciuta dai Borboni tornati a regnare su Napoli dopo la parentesi napoleonica che lo avevano visto alla corte di Parigi e ormai la sua verve creativa era ora incapace di accontentare le richieste di nuove idee che gli venivano fatte.
Le opere di Paisiello (se ne conoscono 94) abbondano di melodie, la cui bellezza leggiadra è tuttora apprezzata. La più conosciuta tra le sue arie è "Nel cor più" dalla "Molinara", immortalata anche nelle variazioni di Beethoven. La sua musica sacra fu ponderosa, comprendendo 8 messe, oltre a numerosi lavori minori: produsse anche 51 composizioni strumentali e svariati pezzi separati. Manoscritti delle partiture di molte sue opere vennero donate alla biblioteca del British Museum da Domenico Dragonetti.
La biblioteca dei Girolamini a Napoli possiede un'interessante raccolta di manoscritti che registrano le opinioni di Paisiello sui compositori a lui contemporanei, e ce lo mostrano come un critico spesso severo, soprattutto del lavoro di Pergolesi.

Paisiello morì a Napoli il 5 Giugno 1816

Beethoven crea 6 variazioni su un'aria tratta dell'opera "la molinara" di Paisiello

La Molinara

di Giovanni Paisiello (1740-1816)

1ibretto di Giuseppe Palomba
(L’amor contrastato) Commedia per musica in tre atti
Prima:
Napoli, Teatro dei Fiorentini, autunno 1788
Personaggi:
Rachelina (S), il notaro Pistofolo (B), Don Calloandro (T), Eugenia (S), Don Rospolone (B), Don Luigino (T), Amaranta (S)
Nel 1785, poco dopo il suo ritorno dalla Russia, Paisiello fu nominato dal re di Napoli musicista di corte e «compositore della musica de’ drammi». Sebbene l’incarico comportasse l’obbligo di scrivere un’opera seria all’anno per il San Carlo, il musicista non rinunciò a frequentare il genere buffo, sia pure con frequenza ridotta rispetto ai primi anni di carriera. Nel 1788 colse anzi uno dei più grandi successi in campo comico con l’ Amor contrastato , lavoro destinato a girare per molti anni sulle scene italiane e straniere con un titolo alternativo: La molinara . Nella sua circolazione subì spesso una riduzione a due soli atti dai tre originali, mediante la fusione tra secondo e terzo.
La commedia ruota tutta intorno al personaggio della bella e maliziosa Rachelina, padrona di mulino, lusingata dalle attenzioni di due uomini (il nobile Calloandro e il notaio Pistofolo) e indecisa su quale dei due scegliere come corteggiatore. Il gioco è divertente ma pericoloso perché capace di risvegliare la gelosia della baronessa Eugenia, feudataria del luogo nonché promessa a Calloandro. C’è il rischio di essere bandita dal feudo e allora occorre uno stratagemma dietro l’altro per continuare a fingersi innocente, senza però rinunciare a ricevere di nascosto i due spasimanti. Per salvarsi una volta sorpresa, Rachelina accusa falsamente i due di essersi introdotti a forza nel mulino e scatena così una colossale baruffa (finale primo). In seguito li fa travestire da giardiniere e da mugnaio, per poi lanciarsi con loro in un ballo contadino sotto gli occhi della baronessa e del governatore Rospolone. A un certo punto la molinara decide di affrettare la scelta: sposerà colui che accetterà di diventare mugnaio. Si fa avanti il notaio, mentre Calloandro si mette a girare folle di rabbia per la foresta come un novello Orlando. Molinara, notaio e baronessa (con seguito di cameriera e cavalier servente) vanno alla sua ricerca nella generale confusione (finale secondo). Nel brevissimo terzo atto le cose si aggiustano: il rinsavito Calloandro si unisce alla baronessa e Rachelina sposa il notaio.
Rispetto ad altri libretti coevi di Palomba (ad esempio le Gare generose , del 1786, sempre per Paisiello) questo della Molinara risulta assai più incoerente e raffazzonato, soprattutto a partire dalla metà del secondo atto. Ciò, tuttavia, non impedisce a Paisiello di dare corso a tutta la propria vena comica, fondata su una perfetta padronanza dello stile buffo. Il gioco degli ammiccamenti e delle seduzioni è reso con eleganza e sensualità, anche grazie alle puntuali sottolineature dell’orchestra, che spesso agisce come un vero e proprio personaggio aggiunto. Il favore del pubblico fece della Molinara l’opera buffa di Paisiello più rappresentata; in una capitale musicale come Vienna tenne banco per tutto l’ultimo decennio del Settecento e anche oltre. Beethoven la ascoltò proprio al viennese Burgtheater nel 1795 e vi si ispirò per due serie di variazioni pianistiche, l’una sul tema del doppio duetto "Nel cor più non mi sento" (cantato dalla molinara prima con Calloandro, poi col notaio, all’inizio del secondo atto), l’altra sul quintetto "Il villan che coltiva il giardino" (quello dei personaggi travestiti; il titolo dell’edizione beethoveniana suona "Quanto è bello l’amor contadino" e deriva da un verso successivo all’ incipit ). Sul tema "Nel cor più non mi sento" scrissero poi loro variazioni molti altri musicisti, compreso Niccolò Pagnini (in una serie di variazioni per violino del 1820-21). Non sono mancate riprese moderne, fra cui ricordiamo quella ‘storica’ al Teatro di corte del Palazzo Reale di Napoli (1959), con Graziella Sciutti e Sesto Bruscantini diretti da Franco Caracciolo, e quelle del Maggio musicale fiorentino (1962), di Palermo (1987) e Bologna (1996).

Beethoven - La variazioni su un tema di Paisiello

mercoledì 11 maggio 2011

Martha Angerich una tra le più grandi pianiste viventi

Martha Angerich - A 3 anni componeva, a 7 suonava in scena, a 16 aveva già vinto tutti i concorsi internazionali. Martha Argerich, la più grande pianista vivente è un'argentina selvatica ed imprevedibile. Che ha fatto impazzire tutti: insegnanti, critici e mariti.

lunedì 9 maggio 2011

Ensamble Orchestale

Sabato e domenica 14 e 15 Maggio, l'orchestra sperimentale della civica accademia musicale sperimentale(Cams) di Cesano maderno, parteciperà alla prima festa dell'associazione e dello sport, organizzata dal comune di Cesano Maderno presso il centro sportivo comunale di via Po. Per l'occasione l'orchestra suonerà diversi brani di musica classica molto noti. Il programma prevede due esibizioni dell'orchestra:
  • Sabato 14 maggio h. 18:00
  • Domenica 15 maggio h. 17:00
L'orchestra della Civica Accademia musicale sperimentale è nata 5 anni fa dalla volontà del direttore artistico dell'accademia: maestro Aida fino. Conta 25 elementi che frequentano regolarmente le classi di violino, viola, violoncello, flauto, clarinetto ecc... In questi anni, si è esibita in diverse manifestazioni, concerti ed ha partecipato a latere a congressi e premiazioni. E' preparata e diretta dai maestri: Shuto e Pecelli e dal maestro Stefano Rocca che cura le esercitazioni orchestrali.
l'ensamble orchestrale e musica da camera è una realtà che l'accademia di cesano maderno offre ai suoi allievi nonostante la giovanissima età, fornendogli stimoli aggiuntivi per l'apprendimento della musica, realtà che deve essere comunque accompagnata dalle lezioni individuali con il maestro.

Abbiamo chiesto agli allievi che fanno parte dell'orchestra quali sono le loro impressioni e pensieri riguardo l'orchestra e queste sono state le loro risposte.
  • E' come stare in una squadra: tutti collaboriamo alla riuscita del brano, e ci sentiamo necessari e contenti
  • L'impegno dell'orchestra ci da anche un motivo per vederci fuori dall'accademia e mangiarci per esempio un gelato o una pizza anche in compagnia dei nostri genitori.
  • Non mi stanco perchè mi diverto tanto e non sono da solo. Però Capisco che devo studiare anche a casa da solo per non essere impreparato e danneggiare i miei compagni.
  • Mi piace suonare perchè insieme otteniamo tanto e molto bel suono e tutti ci applaudono contenti.
Il prossimo appuntamento in cui l'orchestra è chiamata ad esibirsi è nel concerto conclusivo dell'anno accademico, che di solito avviene a fine maggio

6° concorso musicale per giovani interpreti "citta di lissone"

Giuseppe Alberto Pepi è il vincitore per la sezione pianoforte categoria A del 6° concorso musicale per giovani interpreti "citta di lissone".
Le audizioni sono avvenute il giorno 8 Maggio ore:09:45 a PALAZZO TERRAGNI Piazza Libertà - Lissone. La categoria A prevede la partecipazione di ragazzi dell'età fino agli 11 anni. Hanno partecipato i seguenti pianisti:
  • Lee Jisang
  • Locarni Simone
  • Penati Carlotta
  • Pepi Giuseppe Alberto
  • Ranaldi Davide
  • Valenti Valter
  • Zucchinali Tommaso

La giuria ha premiato come primo classificato Giuseppe Alberto Pepi con un punteggio di 95/100 e secondo classificato Zucchinali Tommaso con punteggio 93/100.
La premiazione avverra domenica 15 Maggio a PALAZZO TERRAGNI di Lissone. Nell'occasione i vincitori si riesibiranno eseguendo di nuovo i propri brani.

Intervista con Lang Lang


Chopin, fragole e cioccolata la classica ai tempi di YouTube


In Cina il piano è una moda, è difficile distinguere chi lo studia per passione da chi è spinto dai genitori. Le tecnologie servono a stimolare il pubblico ad andare a sentire la musica dal vivo e a formare un archivio della memoria
a cura di PIETRO D'OTTAVIO


E' L'ultimo imperatore della musica classica. A soli 28 anni Lang Lang è nel gotha del pianismo mondiale con cento milioni di dischi venduti, anche grazie al successo dell'ultimo album "Live in Vienna". E c'è grande attesa per l'imminente dvd dedicato al bicentenario di Chopin, "The Flying Machine". Senza contare i concerti evento come quello all'inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino, a Central Park a New York con centinaia di migliaia di spettatori, o ancora insieme a Paul McCartney alla Casa Bianca di fronte al presidente Obama. Un exploit che deve molto al tocco intenso, aereo, magico che ha folgorato le platee di tutto il mondo. Comprese quelle italiane: i recenti concerti di Lang Lang con l'Orchestra di Santa Cecilia diretta dal maestro Pappano all'Auditorium sono stati un trionfo (bissato nel tour in Germania). Ma ecco il resoconto dell'incontro con i lettori, ospiti della Casa del Jazz, a cui ha partecipato il critico di Repubblica Leonetta Bentivoglio. Inoltre, il forum ha preceduto una breve "masterclass" che Lang Lang ha voluto offrire a tre giovanissime studentesse di musica: Velia Chiara Laghi di Roma, Chiara Baruffi e Ginevra Costantini Negri di Milano.

GUARDA Il video Le foto

Bentivoglio. Lang Lang è un personaggio unico che ha ampliato immensamente il pubblico del pianismo classico conquistando molti giovani. Al di là del virtuosismo mozzafiato, è la spettacolarità del modo di suonare che conquista i ragazzi. Queste prodezze a volte spinte un po' all'eccesso, questi suoi cambi di marcia così inattesi e repentini, questi suoi "pianissimo" straordinari come bisbigli, o ancora i suoi "forti" che lo hanno fatto soprannominare "Bang Bang" da qualche critico americano un po' cattivo... È un gradissimo uomo di spettacolo che ha saputo cogliere lo spirito del tempo.

Valentino Laghi. Suo padre ha creduto nel suo talento fin da quando lei era bambino, al punto di lasciare il suo lavoro da musicista e trasferirsi con lei in America. Quanto deve all'impegno del suo genitore? Suona ancora con lui?

Lang Lang. Mio padre, al pari di mia madre, è stato essenziale nello sviluppo della mia vita artistica. Ormai non suona più in pubblico, si dedica a una vita più serena. E continua a consigliarmi: ci sentiamo ogni giorno, anche quando siamo lontani. In genere al telefono: a lui le nuove tecnologie, come skype, piacciono meno!

Repubblica. Come ha vissuto l'esperienza di ambasciatore della YouTube Symphony Orchestra?

Lang Lang. Quella esperienza - che ho fatto l'anno scorso - mi ha fatto capire meglio l'importanza di YouTube. Infatti facciamo i primi provini per la mia fondazione con questo strumento straordinariamente utile e democratico. Solo in un secondo momento incontro gli studenti che si sono candidati.
Bentivoglio. Le nuove tecnologie contribuiranno a diffondere maggiormente la classica o rischiano di far perdere il senso della percezione della musica dal vivo?

Lang Lang. Le tecnologie hanno una doppia funzione. Da un lato quella di stimolare il pubblico ad andare a sentire la musica classica nella sua unica e vera dimensione, che è quella dal vivo. L'altro compito è formare un archivio della memoria che serve ai musicisti giovani per entrare in contatto con il grande patrimonio del passato. Per quanto si possa essere longevi come Rubinstein, purtroppo a un certo punto si dovrà lasciare questo mondo... Sarebbe fantastico poter vedere Liszt suonare in un video di Youtube o magari in "3D"... Cosa che io ho fatto, ma sfortunatamente non sono Liszt!

Francesco Ruffo. In effetti le sue interpretazioni su Youtube mi hanno avvicinato alla musica classica. Secondo lei è il suo stile "divulgativo" a colpire le nuove generazioni?

Lang Lang. Non sono così sicuro di piacere ai giovani: me lo auguro. La musica classica è un linguaggio universale adatto a tutti, basta imparare poche nozioni di base. Esattamente come nel pop, ciò che mette le persone in contatto è la capacità di comunicare con la musica.

Maria Rosa Tremiterra. E pensare che tutto è iniziato dal cartoon di Tom & Jerry, che la colpì quando era bambino, con il gatto nella parte del concertista. Le è mai capitato, quando è al piano, di "sentirsi" nei panni del felino a cartoni animati?

Lang Lang. Il gatto ha una tecnica assai speciale: può allungare le sue dita a dismisura... Ci sto lavorando sopra!
Augusto Palmieri. Lei è un grandissimo interprete di Chopin. Quanto pensa che il "patriottismo" slavo del compositore abbia influito nelle sue composizioni di radice più "folkoristica" come "Polacche" e "Mazurke" rispetto ai capolavori più intimisti come i "Notturni"?

Lang Lang. Chopin è molto legato alla sua patria e ha utilizzato molti elementi folklorici polacchi, ma in realtà nella sua musica c'è una forte componente internazionale che va da una linea melodica in sintonia con i grandi compositori operistici italiani a quelli francesi o magari irlandesi come Field.

Flaminia Pischedda. Durante lo studio e prima dei concerti cerca la concentrazione praticando meditazione o arti marziali?

Lang Lang. No. Prima dei concerti mangio fragole e cioccolata. E banane nell'intervallo, come fanno i tennisti. In più, in Italia anche molto gelato...

Bentivoglio. Si parla di 40 milioni di giovani studenti di piano in Cina: come mai tanta attrazione da parte dei cinesi verso la tradizione occidentale? Un tedesco, un austriaco, un italiano, un cinese possono interpretare Mozart allo stesso modo o hanno strumenti culturali diversi che ne modificano l'approccio?

Lang Lang. La percezione di Mozart è estremamente diversa nelle varie popolazioni, ma bisogna tener conto che i cinesi, come gli europei, hanno una storia lunga 5 mila anni e di conseguenza un enorme rispetto per le tradizioni e per la cultura storica. Diverso è l'approccio di nazioni giovani come l'Australia o gli Stati Uniti, che hanno alle spalle un patrimonio culturale meno imponente. Al di là di questo, in Cina il pianoforte è diventato un po' una moda, come il calcio. Quindi è difficile distinguere i bambini che si avvicinano allo studio del piano per passione da quelli spinti dai genitori che avrebbero desiderato suonarlo da piccoli e non hanno potuto per ragioni economiche. Il problema salta fuori quando i ragazzi scoprono che per studiare il piano bisogna esercitarsi per ore... Quando avevo 6 anni mi esercitavo 6 ore, a 7 anni 7 ore e così via fino a un massimo di 8-9 ore. Oggi, purtroppo, tra gli impegni dei tour e i viaggi, mi esercito soltanto un paio d'ore al giorno...

Repubblica. Oltre a essere una star della musica, lei è anche cittadino del mondo, tra l'Occidente di New York e le radici in Cina. Cosa pensa del premio Nobel per la Pace al dissidente cinese Lu Xiaobo?

Lang Lang. Sono un musicista, mi occupo di cultura. E so che in Cina l'istruzione musicale è stata inserita nei programmi della scuola pubblica. E che vengono costruite sempre più sale da concerto.

giovedì 5 maggio 2011

6° CONCORSO MUSICALE PER GIOVANI INTERPRETI "CITTA' DI LISSONE"



PALAZZO TERRAGNI Piazza Libertà 20 - Lissone

Domenica 15 maggio si concluderà ufficialmente la sesta edizione del Concorso Musicale per giovani interpreti "Città di Lissone" con il concerto che a partire dalle ore 16.00 vedrà alternarsi sul palco i vincitori delle sezioni pianoforte, chitarra classica e canto lirico.

La manifestazione è organizzata dall'Assessorato alla Cultura in collaborazione con l'Associazione Musicale Lissonum, che da anni svolge sul territorio corsi di avviamento alla musica e corsi avanzati per ragazzi delle scuole primarie e secondarie.

Si tratta di un evento di grande rilievo, che sin dal suo esordio ha ottenuto il riconoscimento del Patrocinio da parte della Regione Lombardia e della Provincia di Monza e Brianza, nonché il sostegno di Progetto Lissone e della Banca di Credito Cooperativo di Carugate che supportano l'impegno finanziario dell'amministrazione comunale sia per l'organizzazione della manifestazione, sia per l'erogazione dei premi riconosciuti ai vincitori e previsti dal bando nell'ammontare complessivo di € 6.700,00.
Al concorso, che si propone di offrire ai giovani musicisti la possibilità di crescere artisticamente, possono partecipare concorrenti di età inferiore ai 30 anni per il pianoforte e la chitarra classica, con un massimo di 35 per il canto lirico.




Tra le finalità principali della manifestazione va annoverata infatti non solo l'intenzione di premiare i migliori giovani talenti che si applicano con abnegazione e volontà nel campo musicale, ma anche di offrire loro l'opportunità per esprimersi al meglio facendosi conoscere ad una vasta cornice di pubblico; per questo motivo l'Amministrazione intende rinnovare l'impegno a promuovere concerti "da protagonisti" per i vincitori .
Proprio in quest'ottica si è svolto il 20 marzo a Palazzo Terragni il concerto "Donne in Musica" con interpreti le giovani vincitori della categoria Canto Lirico delle passate edizioni, Francesca De Giorgi - 1^ ed. 2009 e Misako Beppu - 2^ ed. 2010, che affiancate dal Soprano Barbara Fasol si sono esibite nelle celebri arie di Verdi, Puccini, Donizetti e di altri compositori d'eccezione quali Mascagni, Bellini, Strauss, Dvorak, Arditi e Gounod.




La manifestazione è cresciuta negli anni raggiungendo un ottimo livello qualitativo e riscuotendo un grande successo anche oltre i confini regionali e nazionali, fino a qualificarsi come una vera e propria piattaforma di scambio e confronto sulle esperienze personali nel campo musicale dei ragazzi partecipanti.
I concorrenti di questa edizione provengono dalle province di Monza, Milano, Lecco, Como, Sondrio, Bergamo, Brescia, Piacenza, Pavia, Verona, Firenze, Forlì-Cesena, Novara, Treviso, Varese, Trento, Ascoli Piceno, Vicenza, Pesaro.
Per il canto lirico due candidati risultano residenti in Germania (Berlino) e in Polonia (Varsavia).
Per celebrare la ricorrenza del bicentenario della nascita di Franz Listz, il concorso prevede l'assegnazione del Premio Speciale "Listz 2011" alla migliore esibizione pianistica tratta dalle opere del grande compositore, pianista e direttore d'orchestra ungherese.
Le audizioni si svolgeranno il 6-7-8 maggio a Palazzo Terragni, secondo il calendario pubblicato su questo sito sito




"La valorizzazione dei giovani è sempre stata una delle priorità del nostro lavoro culturale" spiega l'assessore alla Cultura Daniela Ronchi, "organizzare un Concorso di queste dimensioni in un momento particolarmente difficile per la cultura rappresenta certamente una scommessa; d'altra parte ritengo doveroso supportare ed incoraggiare i giovani che investono nella musica classica il loro tempo ma soprattutto il loro avvenire. I giovani rappresentano il futuro per una nazione, tanto più come la nostra, che ha nella storia della musica un patrimonio enorme e dal valore riconosciuto a livello planetario.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l'impeccabile Direzione Artistica della Prof.ssa Fiorenza Ronchi e del Maestro Giunluigi Picone, che ringrazio sentitamente e senza il lavoro svolto dalla prestigiosa giuria del concorso, formata da critici ed esperti del settore, che svolge in modo esemplare e pubblico il proprio compito nella settimana delle audizioni. Ci auguriamo un pubblico numeroso ad ascoltare ed applaudire questi giovani talenti."






Per informazioni:
Città di Lissone - Ufficio Cultura
Via Gramsci 21 - Lissone
Tel. 039 7397271 - Fax 039 7397274
e-mail: cultura@comune.lissone.mb.it

giovedì 31 marzo 2011

Cesano, l’Accademia Civica raddoppia la retta

da Il Giorno del 25/10/2010
articolo di GABRIELE BASSANI


Per permettere alla civica scuola di musica di restare aperta

— CESANO MADERNO —
LA CIVICA ACCADEMIA di musica è pronta a ripartire tra 10 giorni, ma con il raddoppio delle rette per le famiglie, unico modo, secondo il Comune, per garantire il servizio, dopo il taglio dei compensi ai docenti. Il piano è stato presentato l’altra sera dalla giunta comunale di fronte ad una platea di una settantina di genitori degli allievi iscritti lo scorso anno che non hanno certo fatto salti di gioia all’idea di dover sborsare 1180 euro per sette mesi di lezioni di musica, sebbene unanimemente riconosciute di altissimo livello grazie alla presenza di insegnanti altamente qualificati.



L’ASSESSORE al Bilancio, Fabio Pometto, ha messo le famiglie di fronte alla dura realtà dei numeri: la Cams, Civica accademia musicale sperimentale di Cesano Maderno l’anno scorso è costata complessivamente 140mila euro, quest’anno grazie all’autoriduzione dei compensi da parte dei docenti c ‘è una previsione di spesa di 110mila euro: il Comune è in grado di sostenere una spesa massima di 39mila euro, tra struttura, utenze e personale, il resto deve necessariamente essere recuperato con le rette. Di qui l’esigenza di raddoppiare di fatto i costi, passando dai meno di 600 euro dell’anno scorso ai 1180 di quest’anno, scontati a 960 euro per i nuovi iscritti, al fine di incentivarne l’adesione. La formula proposta è quella di una retta mensile, che sarà di 140 euro (120 per i nuovi iscritti) da aggiungere alla quota d’iscrizione di 200 euro (120 per i nuovi iscritti). «Con questo piano, l’Accademia può riaprire già il prossimo 2 novembre per concludere i suoi corsi il 31 maggio 2011» ha spiegato l’assessore Pometto. I genitori però hanno rilanciato la proposta dell’Associazione di solidarietà sociale, costituita da buona parte di loro e che si è messa a disposizione ufficialmente per la gestione della scuola di musica. L’Amministrazione comunale però ha obiettato l’impossibilità di un affidamento diretto perchè trattandosi di un servizio pubblico avrebbe bisogno di una gara ad evidenza pubblica.



A questo punto gli stessi promotori dell’Associazione hanno suggerito una terza via: la chiusura definitiva dell’Accademia civica per dare poi spazio ad una nuova scuola di musica, uguale in tutto e per tutto ma che sarebbe proposta dalla stessa associazione locale con la quale il Comune potrebbe stipulare una convenzione per garantire l’uso degli spazi e un sostegno economico. Sindaco e giunta si sono presi un paio di giorni di tempo per valutare con i funzionari la fattibilità tecnica di quest’ultima opzione.

Daniele Rustioni , bacchetta in fuga, "Italia, tomba della cultura"



Daniele Rustioni a 28 anni dirige l'Aida alla Royal Opera House. E' stato assistente di Pappano, e l'11 aprile debutterà a Cardiff con "Così fan tutte". "Qui a Londra sono tutti sconcertati per quel che accade alla cultura in Italia. Non siamo più competitivi su nulla. Quando ho avuto l'opportunità di scappare, ho tirato un sospiro di sollievo"



LONDRA - L'ingresso della Royal Opera House è sovrastato da una splendida immagine del ballerino Rupert Pennefather che vola sulla Senna - con Notre Dame sullo sfondo - in vista di una rappresentazione della Manon di Massenet coreografata da Kenneth MacMillan. Ma ieri sera al Covent Garden si parlava italiana. A dirigere l'Aida di Verdi c'era Daniele Rustioni, subentrato a Fabio Luisi. Il giovane direttore milanese (28 anni appena compiuti), è salito sul podio del prestigioso teatro londinese dove è già stato assistente di Antonio Pappano in tutte le repliche di Anne Nicole, l'opera che il compositore Mark-Anthony Thurnage ha tratto dalla tragica vicenda dell'ex coniglietta texana Anna Nicole Smith. "Sto lavorando a tre cose contemporaneamente", esordisce Rustioni mentre si accomoda al tavolo del ristorante dietro l'angolo, "il preferito di Tony (Pappano)". Cucina italiana naturalmente. La paura per l'Aida già fugata dagli applausi. "L'altro giorno ho provato a Lugano la Sesta di Beethoven, l'unica che non avevo ancora affrontato. Sto anche studiando Così fan tutte con la quale debutterò a Cardiff l'11 aprile. La giornata è lunga, basta organizzarsi. A me bastano sei ore di sonno. E' una disciplina che ho appreso nei 15 anni di conservatorio, al Verdi di Milano".

Era un numero uno in qualsiasi disciplina negli anni del conservatorio, poi quando stava diventando il nostro direttore più promettente è volato alla Royal Opera House. Un altro cervello in fuga dall'Italia che taglia fondi alla cultura. "A esser sincero io ero proprio un secchione, ho fatto anche due anni di università alla Bocconi, Economia delle istituzioni internazionali e amministrazioni pubbliche", racconta Rustioni, un bel ragazzo che fuori dal podio, senza la gestualità che gli conferisce quel carisma speciale, potrebbe essere un dinamico stockbroker di Wall Street o un rampante direttore d'azienda. "Mio padre in effetti è un manager, ma io non mi ci vedevo proprio come businessman, anche se i due anni alla Bocconi sono stati utili. I musicisti hanno sempre la testa tra le nuvole, perdono facilmente il contatto con la realtà. Oggi con la politica dei tagli che purtroppo affligge l'Italia avere una mentalità più manageriale aiuterebbe a fronteggiare la crisi".

Tra le mura della Royal Opera House si muove da padrone. Lo salutano, gli sorridono, lo incoraggiano. Ma la domanda che teme arriva quasi ogni giorno, inevitabile: "Che sta succedendo in Italia?". "Qui sono tutti sconcertati", dice. "Noi l'opera l'abbiamo inventata, eppure non sappiamo valorizzare le nostre risorse". Alla musica ha dedicato la sua infanzia, l'adolescenza e questa giovinezza fatta di precoci trionfi (La cavalleria rusticana nell'allestimento della Cavani a San Pietroburgo, Il barbiere di Siviglia alla Fenice, L'elisir d'amore al Comunale di Bologna, L'occasione fa il ladro alla Scala, dove tornerà nel 2012 per dirigere La Bohème). "Ho dovuto rinunciare a molto. Soprattutto nel periodo delle medie. I compagni di scuola mi vedevano come un alieno, sempre impegnato, ogni giorno alle prese con lo strumento. Mi sentivo escluso da alcuni gruppi. Ma nessun rimpianto; a me la discoteca non è mai piaciuta. L'inquinamento acustico di certi locali è insopportabile".

Suo padre, che è nato in Argentina, suonava la chitarra in un gruppo di musica leggera, a Buenos Aires. Ma in casa ascoltava Il barbiere di Siviglia e Le nozze di Figaro. Sua madre invece canta ancora nel Coro sinfonico Giuseppe Verdi; fu lei a fargli fare la prima esperienza. "Avevo cinque anni quando mi portò a cantare. Poi ho cominciato a studiare... di tutto. Violoncello, violino, pianoforte, organo, tromba, corno, composizione, direzione di coro, strumentazione per banda, direzione d'orchestra. Ma l'esperienza più importante, da bambino, fu il Coro delle voci bianche alla Scala, quando Muti mi fece fare uno dei tre genietti nel Flauto Magico. Mentre gli altri andavano pazzi Take That, Spice Girls e Britney Spears io idolatravo Brahms. La musica leggera, anche per mia ignoranza, non mi ha mai attratto. Non mi interessa né mi arricchisce. Non mi appassiona. Solo i Beatles mi piacciono tantissimo, li suonavo anche col papà, lui alla chitarra e io al pianoforte".

Di una cose si accorse altrettanto precocemente, che in Italia per un giovane direttore, pur se di talento, non c'è spazio. "Che dovrei dire? Che ho tirato un respiro di sollievo quando ho avuto l'opportunità di scappare?", sbotta. "Non voglio far troppe polemiche, ma se oggi ho l'opportunità di dirigere in Italia è solo perché arrivo dall'estero. Qui c'è una meritocrazia che da noi non esiste, e un apparato che permette di arrivare al top della carriera. Quando sono arrivato a Londra non avevo una lira, studiavo e basta, mi davo da fare accompagnando cantanti, facevo letteralmente lo schiavo in teatro per imparare. Ma è anche vero che il primo lavoro mi ha immediatamente garantito l'indipendenza economica".

L'entusiasmo gli si legge negli occhi, nel tremolio delle ginocchia sotto il tavolo, nel fremito delle mani che non riesce a tener ferme mentre descrive le dinamiche di un allestimento complesso come Aida, l'amore per Puccini e la Bohème, l'opera che ha diretto più di frequente, del precoce amore per Brahms e Mahler. "Dirigere è una droga", sospira, "se si smette si va subito in crisi d'astinenza. Per me dieci giorni di pausa tra una produzione e l'altra sono già un delirio". E' chiaro che da un direttore giovane e prestante come Rustioni gli inglesi si aspettino la verve travolgente di cui ieri sera ha dato sfoggio. "Secondo me il gesto deve essere la conseguenza naturale della musica che si dirige, non deve diventare uno show personale", precisa il maestro. "Il massimo - ma è una delle cose più difficili - è quando fisicità e talento coincidono. Non vorrei assecondare il cliché che vuole il direttore italiano più irruente. L'approccio deve essere proporzionale alle partiture. A volte cerco di frenarmi, perché sul podio quel che conta è la frase musicale, aver assimilato il brano, solo così riesci a dargli il respiro che vuoi".

Dell'Italia, dice, gli manca tutto. Lo stile di vita, il cibo, il clima. Ma soprattutto il fatto di poter dirigere stabilmente in patria. "Sarebbe fantastico. Rinuncerei anche alle garanzie che mi dà il Covent Garden. Però vedo - e questo mi terrorizza - che la fiamma della musica classica in Italia si sta lentamente spegnendo. A teatro, da noi, vedi solo teste grigie e bianche. Mi chiedono: "Come faceva ad amare Mahler a undici anni?". Perché no? Odio chi dice: "Ascolto musica classica perché mi rilassa". Vuol dire che non ha capito niente".

Si offre di accompagnarci in un breve tour attraverso la Royal Opera House. Una struttura magnifica con auditori, spazi ricreativi, cucine, ristoranti. Da una sala prove si ode la voce di un basso che prova il Requiem di Mozart. Dalle terrazze si gode un magnifico panorama della città. Il foyer, visto dall'alto è spettacolare. L'immenso teatro ormai deserto è più mistico di una cattedrale. Rustioni non tornerà tanto presto in Italia
-tratto da repubblica.it 30-03-2011-